La storia di Alma
Martedì 29 gennaio abbiamo avuto la fortuna di conoscere Alma, una signora bosniaca, amica di maestra Stefania, che ha vissuto la terribile e devastante guerra nella ex Jugoslavia dal punto di vista di una bambina di otto anni.
Nel 1991 la Bosnia ottenne l’indipendenza, il che fece arrabbiare molto i serbi, un gruppo etnico che fino a quel momento aveva convissuto pacificamente con le altre etnie presenti sul territorio. Improvvisamente, i serbi si sentivano migliori degli altri e cominciarono a bombardare le più grandi e ricche città della Bosnia, partendo da Sarajevo. Scoppiò così un terribile conflitto che durò per molti anni.
In quel periodo Alma viveva in un villaggio a quindici chilometri da Sarajevo insieme a sua nonna e a sua zia. Appena gli abitanti del suo villaggio udirono i bombardamenti, gli uomini presero le armi e andarono a combattere, mentre donne e bambini dovettero mettersi in fuga. La nonna di Alma non volle abbandonare il suo villaggio, così la bambina fuggì con sua zia, poco più che maggiorenne, e un bebè di pochi mesi.
La povera bimba si ritrovò a falsificare i documenti e a mentire, dicendo che era figlia della zia. La loro fuga avveniva di notte per non essere viste, mentre di giorno cercavano riparo nelle case di chi era pronto ad accoglierle. Un giorno trovarono riparo su una montagna sulla quale c’erano degli alloggi che il governo della Jugoslavia aveva costruito in occasione delle Olimpiadi invernali del 1984. Qui credevano di essere al sicuro insieme agli altri profughi presenti e ai volontari che offrivano ai fuggiaschi beni di prima necessità come acqua, cibo e vestiti di ricambio. Alma e sua zia riuscivano a mangiare solamente una scatoletta di fagioli al giorno, mentre la neonata beveva latte in polvere. Dieci giorni dopo il loro arrivo, questi alloggi iniziarono ad essere bombardati. Allora Alma e gli altri profughi salirono su un furgone e fuggirono di nuovo.
Qualche settimana dopo la loro fuga dall’ex villaggio olimpico, le due ragazze notarono che la neonata aveva dei puntini rossi su tutto il corpo e la febbre alta. Alma e sua zia riuscirono a farla visitare da un dottore il quale disse loro che la piccola era allergica al latte in polvere con cui si era cibata durante la loro permanenza sulla montagna. Urgentemente, presero un autobus per raggiungere i villaggi vicini e cercare latte non in polvere per salvare la bambina. Fortunatamente, le sue condizioni migliorarono e la piccola riuscì a sopravvivere.
Dopo tre anni di fuga, Alma, il bebè e la zia arrivarono in Slovenia dove trovarono rifugio presso un campo profughi al confine con l’Italia. Qui Alma, che aveva ormai undici anni, ebbe l’opportunità di andare a scuola e la fortuna di essere adottata a distanza da due coniugi italiani che non potevano avere figli. La ragazzina andò in vacanza per una settimana dai suoi nuovi “genitori” dove provò esperienze per lei del tutto nuove, come ad esempio andare sulle giostre, avere una cameretta e un computer tutti suoi, avere dei giochi e, soprattutto, provò l’emozione di ricevere la sua prima carezza da una mamma.
Un giorno, mentre Alma era in vacanza dai suoi genitori adottivi, ricevette una telefonata dalla zia, la quale le disse che non riusciva più a vivere lontana dalla sua terra natale e che quindi sarebbero presto tornate in Bosnia. Sentita questa notizia, la bambina si ribellò e, piangendo, si rifiutava di partire. I suoi genitori adottivi, allora, le promisero che sarebbero andati a prenderla in Bosnia alla fine della terza media e che le avrebbero fatto frequentare le superiori in Italia. La ragazzina, pensando che fosse una di quelle promesse che non si mantengono, partì. Un anno e mezzo dopo, Alma vide arrivare su un’ambulanza della Croce Rossa Italiana i suoi genitori adottivi e fu felicissima: la promessa era stata mantenuta. I due signori italiani la portarono in Italia con loro e diventarono suoi tutori legali. Alma frequentò così le superiori in Italia che diventò la sua nuova casa.
La storia di Alma è molto triste perché ha vissuto la sua infanzia scappando da chi un giorno le era amico e il giorno dopo le era nemico. Alma si portò dentro la sua guerra per vent’anni ed è sempre stata grata ai suoi genitori adottivi per il supporto che le hanno dato. Da questa storia abbiamo imparato che bisogna sempre avere il coraggio di continuare, di non arrendersi e di seguire la propria strada. Nonostante Alma abbia vissuto l’orrore della guerra in prima persona, ha continuato a sperare che la sua vita potesse migliorare e non si è mai lamentata della sua condizione. Il racconto di Alma ci ha colpite soprattutto per il fatto che lei era ancora una bambina quando fuggì e rischiò davvero tanto pur di sopravvivere. Crediamo che tra noi ed Alma ci siano tante differenze: lei non aveva paura e non si lamentava del cibo che mangiava (quando riusciva a mangiare), mentre noi bambini di oggi siamo il contrario. Alma ci ha insegnato davvero tanto e non ci dimenticheremo mai di quello che ci ha raccontato.
(I disegni che accompagnano questo articolo sono stati realizzati rispettivamente da Anna Giulia, Diana, Bianca e Giorgia P.)